Ruoli italiani ad attori stranieri, giusto lo sfogo di Favino? “Sì, la nostra Scuola è un’eccellenza e poi… Italians do it better”

Ruoli italiani ad attori stranieri, giusto lo sfogo di Favino? “Sì, la nostra Scuola è un’eccellenza e poi… Italians do it better”

Nel Sì&No del giorno, spazio al dibattito aperto dalle parole di Pierfrancesco Favino che ha contestato l’assegnazione di ruoli di personaggi italiani ad attori stranieri. Abbiamo chiesto un parere sulla questione a Luciano Nobili, esponente di Italia Viva, che ritiene sbagliato lo sfogo dell’attore, e a Simona Branchetti, conduttrice Mediaset, che, invece, ritiene giuste le argomentazioni di Favino.

Qui di seguito, l’opinione di Simona Branchetti.

Pierfrancesco Favino ha lanciato un appello che mi sembra sia stato vittima di una torsione fuorviante: siano gli attori italiani a interpretare i grandi italiani che portiamo sul grande schermo. Ed è stato subito lapidato da chi intravvede in una nota simile del sovranismo. Perché in Italia qualunque cosa deve essere buttata in politica e politichese, e se si afferma qualcosa di simile allora si diventa di destra e dunque da lapidare. Premesso che io nutro i miei dubbi sul fatto che Pierfrancesco Favino, forse il miglior attore italiano, possa essere di destra (né mi interessa saperlo), egli non ha minimamente sostenuto che gli attori italiani debbano prevalere solo perché’ italiani. Ha semplicemente detto che sarebbero più adatti a interpretare personaggi che sono italiani, e che dunque recano con se una certa loro unicità culturale, mimica, valoriale.

Con una battuta rubata al grande Carosone verrebbe da dire “Tu vuo’ fa l’americano”… già ma “si nato in Italy”; e allora perché non usare un attore italiano per valorizzare appieno l’Italianità di uno dei brand più famosi al mondo, cioè Ferrari?

Favino ha ragione nel rivendicare il ruolo degli italiani come protagonisti della fabbrica cinematografica italiana. A maggior ragione per interpretare il ruolo di Enzo Ferrari, un modenese, papà del cavallino simbolo dell’italianità nel mondo. Cosa può raccontare il seppur bravo Adam Driver dal Nebraska, di quel rombo di motori, di quella scuderia, di quella famiglia cresciuta a pane e olio e rombi nel cuore di quella che oggi è la motor valley più famosa e prestigiosa al mondo? Come fa a mettere a fuoco il tessuto culturale, sociale, valoriale che ha portato alla creazione di un mito che è solo, tipicamente e tutto italiano?

Vuoi mettere il trasporto emotivo che avrebbe potuto avere un Gassman, un Favino – per citare solo quelli già citati – nel ruolo del grande patron fattosi grande nella Padania degli anni 60? Lo stesso Pupi Avati con un po’ di ironia ha sorriso di fronte all’idea di un “Ferrari Made in Nebraska” pur ammettendo che anche lui quando ho girato il film su Dante Alighieri, è stato tentato dall’idea di farlo interpretare ad Al Pacino, ma di aver poi fortemente voluto Sergio Castellitto e Alessandro Sperduti.

E passi pure l’ottima esperienza di Lamborghini dove un cast tutto americano e la coinvolgente storia ha avuto il buon effetto di rendere la pellicola internazionale, ma non ha comunque risparmiato lo spettatore dal vivere una sorta di estraneità, di distacco emotivo nel vedere sullo schermo quello che ad alcuni è apparsa un’americanata con qualche salto emotivo, primo fra tutti la mancanza di un timbro decisamente italiano che ti riportasse immediatamente, anche ad a occhi chiusi a quella memoria tutta nostrana. Se il nostro paese ha un valore nel mondo è prima di tutto grazie alle nostre eccellenze, brand come Ferrari, Lamborghini e non solo, ma anche facce e interpreti unici come Totò, Mastroianni, Gassman, Sordi, attrici come Sofia Loren, Gina Lollobrigida, Monica Vitti, Virna Lisi, che l’America provó a soffiarci senza per fortuna riuscirci.

Abbiamo una scuola cinematografica d’eccellenza che continua a sfornare talenti forse si, un po’ trascurati, ma non certo meno eccellenti di interpreti d’oltreoceano. E allora pellicole come queste non possono che essere occasioni perse per il nostro paese, per riscoprirne l’Italianità, la storia, e per la nostra industria cinematografica che ha talenti tuttora molto da dare, perché “Italians do it better “. Dovremmo ricordarcelo più spesso

Simona Branchetti (Conduttrice Mediaset)